Il Gruppo Teatrolaboratorio con lo spettacolo PER UNA SELVA OSCURA (PAR UNE SOMBRE FORET) alla Divina Commedia canti INFERNO: I, II, III, V, XIII, XXIV; PURGATORIO: I, XXVII , al Festival Nazionale del Teatro "Elisabetta Turroni" 13 Edizione presso il Teatro BONCI, Comune di Cesena (EMILIA ROMAGNA) nel ottobre 2010 è stato SEGNALATO con la seguente motivazione: "La collaborazione tra Liceo Artistico Cottini e l'Istituto Magistrale Berti produce ogni anno progetti tra i più interessanti del panorama nazionale e spettacoli tra i più coinvolgenti. In questa occasione è stata esemplare la lettura della commedia dantesca con un allestimento di grande fascino.
Questo spettacolo è stato rappresentato al Festival THEATRA di Saint Luois nello stesso anno.
FOGLIO DI SALA
Scortati dai versi di Dante, abbiamo compiuto un viaggio di formazione dell’uomo che, attraversando i luoghi più oscuri dell’animo e incontrando faccia a faccia esempi terribili e sublimi di umanità, impara a conoscersi e a riappropriarsi di se stesso e della propria vita.
- La selva oscura: lo smarrimento, la paura, le fiere minacciose e il rassicurante incontro con Virgilio. Comprendere di essersi persi e accettare una guida è il primo passo per poter risalire.
- La porta dell’Inferno: la soglia estrema che varcano i dannati verso il loro destino eterno senza speranza di ritorno, come ammonisce la scritta definitiva scolpita nella roccia.
- L’antinferno e gli ignavi: la massa senza volti e senza nomi di coloro che non vollero spendere la propria vita per nessuna causa, che non presero mai posizione né iniziativa e, indegni persino di entrare nel vero inferno, tra alti pianti e lamenti sono condannati a correre dietro a una bandiera senza insegna e senza senso, tormentati da insetti nocivi e molesti.
- L’Acheronte e Caron Dimonio: un’ulteriore soglia da varcare è il fiume Acheronte. Sulla sua riva si ammassano di continuo le anime dannate e la loro disperazione è tale che le induce addirittura a desiderare di passare di là.
A traghettarle è Caronte, con la sua barca che fa continuamente la spola fra una sponda e l’altra del fiume.
- Paolo e Francesca: nel girone dei lussuriosi i dannati sono travolti e sbattuti qua e là da una incessante bufera. Dante vede due anime che vanno abbracciate e si ferma a parlare con loro. Lei è Francesca, lui Paolo, rispettivamente moglie e fratello del Signore di Rimini che li ha assassinati entrambi perché innamorati l’uno dell’altra. Il loro amore, che li ha portati al tradimento e alla morte, si è trasformato nella loro prigione eterna.
- I suicidi e Pier delle Vigne: i violenti contro se stessi che si sono tolti la vita sono trasformati in una foresta di alberi stecchiti e spogli. Dante, che sente pianti e lamenti, spezzando un ramo ode la voce dell’uomo imprigionato là dentro: è Per delle Vigne, Segretario dell’Imperatore Federico II, fedelissimo funzionario dello Stato che si tolse la vita perché calunniato da cortigiani invidiosi. La sua rettitudine e la sua fedeltà non sono bastati a salvarlo, perché il suicidio è peccato assoluto, tanto che alla resurrezione questi peccatori non rientreranno nei propri corpi, che loro stessi hanno violentemente staccato da sé, ma li appenderanno inerti ai rami secchi degli alberi in cui sono imprigionati.
- I traditori e Ulisse: nel girone dei traditori le anime bruciano ciascuna dentro una fiamma. Dante ne scorge una in cui ci sono due dannati, Ulisse e Diomede, condannati per il tradimento del cavallo di Troia, e chiede di parlare con loro.
E’ solo Ulisse a rispondere, che tuttavia non di questo parla quanto della sua ultima sciagurata impresa: di aver rinnegato i propri affetti e il proprio confine umano convincendo i suoi compagni a seguirlo per spingersi oltre le colonne d’Ercole, il confine ultimo posto dagli dèi, “acciò che l’uom più oltre non si metta”, in una titanica volontà di conoscere perfino il “mondo sanza gente”, dove trovò invece solo la fine in un tragico naufragio.
Quello di Ulisse è forse peccato filosofico più che etico perché la conoscenza, che può salvare l’uomo (Dante), può anche perderlo (Ulisse) quando “la diritta via era smarrita”.
- Il commiato da Virgilio: attraversato l’Inferno e gran parte del Purgatorio, Virgilio conferisce a Dante la responsabilità di se stesso, perché ormai diventato sufficientemente del mondo esperto e delli vizi umani e del valore, e si allontana da lui. Visitato e compreso a fondo il mondo umano, potrà procedere da solo. Per il mondo divino (il Paradiso) avrà bisogno di altra guida (Beatrice). Ma qua termina il nostro viaggio.
Allestimento spoglio e scarno, tutto concentrato sul lavoro psichico e fisico degli attori cui si è chiesto di introiettare ogni verso e ogni situazione fino a poterli esprimere con tutta la persona.
Coralità totale, per cui non ci sono protagonisti ma tutti diventano a turno Dante, Virgilio, l’ambiente e i personaggi incontrati via via nel cammino.